Se non fosse una questione estremamente seria perché ci sono di mezzo i conti pubblici e quelli di contribuenti che, per quanto sciagurate potessero essere le norme, hanno usufruito di una legge dello Stato, si potrebbe parlare di una commedia che non lesina i colpi di scena. Ci riferiamo ovviamente al Superbonus, destinato ancora a cambiare in corsa le sue regole, con le modifiche annunciate dal ministro Giancarlo Giorgetti.
L’emendamento al dl Superbonus
L’emendamento del Governo al decreto legge 39/24, ora in conversione parlamentare, prevede, secondo quanto annunciato dal titolare dell’Economia, l’obbligo di spalmare la detrazione del Superbonus non più in quattro ma in dieci anni; inoltre non saranno introdotte deroghe sulla possibilità di ricorrere a cessione del credito e sconto in fattura.
Cosa comporta l’allungamento forzato dei tempi di detrazione
Mentre sul no alle deroghe non c’erano molti dubbi, l’allungamento forzato dei tempi di detrazione crea non pochi problemi, anche se solo la lettura del testo dell’emendamento, che dovrebbe essere presentato nel corso del Consiglio dei ministri di venerdì 10, potrà chiarire la portata delle modifiche. Va ricordato che originariamente (maggio 2020) il Superbonus prevedeva il rimborso delle detrazioni in quattro anni; la riduzione a quattro è partita dal 1° gennaio 2022 a seguito della prima legge di bilancio del Governo Draghi, esecutivo in cui Giorgetti era ministro allo Sviluppo Economico. Nel 2023 è stata data ai contribuenti che nel 2022 non erano riusciti a cedere il credito e rischiavano l’incapienza fiscale la possibilità di optare per la detrazione decennale al posto di quella in quattro anni e gli emendamenti delle forze politiche chiedevano di riproporre l’opzione anche per i redditi 2023.
Un esempio
Perché usare un periodo più lungo per ottenere il rimborso è chiaro se si fanno i conti. Ipotizziamo lavori per 70 mila euro con bonus al 110% (77mila euro complessivi). Chi chiede il rimborso fiscale diretto in quattro anni in teoria può ottenere 19.250 euro all’anno, ma per averli tutti deve disporre di un reddito imponibile al netto di qualsiasi altra detrazione o deduzione di 61.300 euro. Con il rimborso decennale, pari a 7.700 euro all’anno, basta un imponibile di 31 mila euro.
Il problema della retroattività
Resta da scoprire se e fino a che punto l’allungamento obbligatorio del periodo di detrazione sarà retroattivo, collidendo con il fondamentale principio giuridico del pacta sunt servanda, o se invece avrà valore solo per i lavori effettuati a partire dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Nella prima ipotesi, l’allarme di un impatto devastante su cittadini, banche e imprese lanciato da Ance non appare esagerato. Nel secondo scenario le banche, fatte le salve le operazioni fin qui effettuate, non avrebbero conseguenze, perché si limiterebbero a comprare credito, nei casi limitati in cui è ancora possibile, a prezzo molto più basso: attualmente i crediti a quattro anni vengono ritirati al massimo attorno all’85% del valore, i decennali al 70%. In pratica, su 100 euro di costo oggi si ottengono indicativamente 60 euro con credito quadriennale, mentre con il rimborso decennale si scende a 49. Ma di fronte a un obbligo i corrispettivi per le cessioni fatalmente scenderanno.
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