diDafne Roat
Indagini chiuse: coinvolte 31 società. L’ombra della mafia, frodi per 5 milioni
Le misure cautelari e i sequestri dei beni, scattati lo scorso settembre erano stati annullati dal Tribunale del riesame, in alcuni casi era stata la stessa Procura in autotutela a revocarli. Un’azione che aveva fatto ben sperare gli allevatori e gli imprenditori titolari di aziende agricole finite sotto i riflettori della magistratura, ma la pm Simonetta Ciccarelli ha tirato dritto e a inizio maggio ha firmato l’avviso di conclusione indagini.
I pascoli fantasma
La Procura di L’Aquila ha chiuso l’inchiesta sulla maxi truffa ai danni dell’Unione Europea per pascoli inesistenti sulla quale si allunga l’ombra della mafia foggiana. Parliamo di una presunta frode milionaria, una girandola di imprese agricole fittizie, società cooperativa e associazioni temporanee di imprese che sarebbero state costituite ad hoc per fare incetta di migliaia di ettari di terreni e intascare milioni di euro. Sono 44 gli allevatori e imprenditori agricoli indagati e 31 le società. Nei guai sono finiti anche quindici trentini e nove società della provincia. Tra questi ci sono anche i fratelli Armando e Mariano Berasi indicati come promotori della presunta organizzazione criminale, in passato già coinvolti in altri procedimenti analoghi, ma poi assolti. Il pool investigativo ha delineato i contorni di sodalizio criminale specializzato in frodi ai danni del bilancio nazionale e comunitario attraverso indebite richieste di contributi per il Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (Feaga) nel settore della Politica agricola comune (Pac). Si tratta di titoli che vengono attribuiti per ogni ettaro di superficie: per ciascun titolo l’azienda deve avere la disponibilità di un ettaro di terreno. Ma secondo l’accusa gli indagati avrebbero creato società fittizie che sulla carta avevano tutti i requisiti necessari per ottenere i contributi, ma nella realtà non allevavano o producevano nulla. La Procura contesta anche l’aggravante mafiosa.
Ma le posizioni sono molto differenti tra di loro e alcuni avrebbero avuto un ruolo marginale all’interno dell’associazione. Tornando al Trentino, oltre ai fratelli Berasi sono indagati Claudio, Pio e Sandro Braito di Ville d Fiemme (la famiglia è titolare di una piccola società agricola e del noto Maso dello speck), difesi dall’avvocato Gianluca Mignacca, Marco e Massimiliano Carli di Riva del Garda, quest’ultimo rappresentato dall’avvocato Filippo Fedrizzi e Luca Della Vecchia di Trento, assistito da Andrea de Bertolini. Sono finiti nei guai anche Manuel e Serena Paris di Trento, difesi dall’avvocato Claudio Tasin, Camilla Pecoraro, rappresentati da Ilaria Deflorian, Matteo e Natale Rizzi di Comano Terme e Diego e Tullio Stefani di Tione e Monterlago, rappresentati dall’avvocato Andrea Tomasi.
I fondi contestati
Nel mirino della magistratura sono finiti la società agricola «La rinascita società semplice» con sede a Daiano, alla quale vengono contestati fondi per 377mila euro, la società agricola «Braito Pio&C» di Ville di Fiemme (aveva ottenuto contributi per l’esigua cifra di 1.675 euro), la srl «Maso dello speck» (ammontano a 50mila euro i fondi contestati) e la società agricola «Serena S.S. di Berasi Mariano» (aveva ottenuto contributi europei per 112.239 euro). Infine sotto tiro sono finite anche l’azienda «Allevamenti Ca’ Torbida di Carli Marco e Massimiliano» per un contributo da 53mila euro circa, le aziende agricole «Maso Rosso», «Enrosadira» e «Grez» di Dalla Vecchia e Carli, l’azienda agricola «Greenland» di Tione. Le presunte frodi accertate dalla guardia di finanza ammonterebbero a circa 5 milioni. Gli indagati sono accusati a vario titolo di autoriciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, ricettazione e truffa aggravata. Queste le contestazioni, tutte da dimostrare. In passato, infatti, casi simili non hanno retto davanti al giudice. Ora le difese hanno 20 giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni.
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