La teoria secondo cui eliminando le misure coercitive contro i proprietari aumenta l’offerta e diminuiscono i prezzi è stata confermata in Argentina in meno di un anno. Il 29 dicembre 2023, il presidente argentino, Javier Milei, ha abrogato con un decreto d’urgenza la legge sugli affitti, una delle norme più severe al mondo e in vigore dal 2020. L’obiettivo del provvedimento era correggere il disequilibrio del mercato, caratterizzato da prezzi esorbitanti e mancanza di offerta. A quasi un anno dall’abrogazione, il risultato è quello previsto: l’offerta di case in affitto è cresciuta, il che ha contribuito a ridurre i prezzi. Nella capitale Buenos Aires l’offerta è aumentata del 170%
Sebbene il costo degli affitti continui a salire in termini nominali, molti inquilini ottengono condizioni migliori, grazie a un calo del 40% del prezzo reale degli immobili in locazione adeguato all’inflazione dallo scorso ottobre. Sono questi i dati di Empiria Consultores raccolti da The Wall Street Journal.
A Buenos Aires da tempo molti appartamenti rimanevano vuoti perché i proprietari preferivano tenerli liberi o adibirli ad affitti turistici pur di non sottostare al controllo dei prezzi degli affitti del governo precedente. Secondo un rapporto del Centro Studi per lo Sviluppo Economico e Sociale Urbano (Cedesu), nel 2022 nella capitale argentina erano quasi 200.000 le case vuote, il 45% in più rispetto al 2018. Trovare un appartamento a prezzi accessibili con la legge sul controllo degli affitti era difficile.
Milei ha metodicamente smantellato il sistema di controllo dei prezzi, chiuso le organizzazioni pubbliche e revocato le restrizioni commerciali imposte durante ottant’anni di governo socialista e militare. E ora i prezzi degli affitti sembrano stabilizzarsi. Secondo Zonaprop, il più grande portale immobiliare in Argentina, l’aumento mensile dei prezzi è ora al livello più basso dal 2021, questo come conseguenza dell’aumento dell’offerta immobiliare.
Secondo l’ultimo rapporto Zonaprop, il costo degli affitti a Buenos Aires ha accumulato un aumento del 45% su base annua nel 2024 fino ad agosto, ben al di sotto dell’inflazione (94%), il che rappresenta un vero e proprio calo del prezzo degli affitti 49%. Nel frattempo, il volume dell’offerta nel mese di agosto è 3,2 volte superiore a quello registrato nel febbraio 2023.
Per il Wall Street Journal, i critici di Milei dicono che sta aggravando la sofferenza economica della classe operaia. E sebbene rimanga popolare, alcuni sondaggi mostrano un’erosione del suo sostegno. In base ai dati dell’istituto di sondaggi Giacobbe Consultores, infatti, ad agosto aveva ottenuto il 45% di consensi, contro quasi il 60% di inizio anno.
Il presidente dell’Argentina assicura che le sue misure stanno dando risultati. Si prevede un’inflazione annua del 18% per il prossimo anno, rispetto all’attuale 237%, uno dei tassi più alti del mondo, mentre si lavora per controllare gli infiniti deficit fiscali che sono stati la causa delle turbolenze economiche decennali dell’Argentina. Ma il governo deve ancora affrontare sfide importanti. Secondo gli economisti sarà difficile ridurre ulteriormente l’inflazione, che negli ultimi mesi è rimasta ferma intorno al 4% mensile, e c’è poco spazio per ulteriori tagli alla spesa con le richieste di ripresa dei lavori pubblici e di aumento di pensioni e stipendi.
Almeno per ora, il mercato immobiliare è fiorente. Gli oppositori del controllo dei prezzi affermano che l’Argentina è un ammonimento per le autorità statunitensi ed europee che hanno cercato di frenare l’aumento dei costi immobiliari con il controllo degli affitti. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha recentemente chiesto che alcuni aumenti degli affitti siano limitati al 5% annuo per circa 20 milioni di case a livello nazionale. E il vicepresidente, Kamala Harris, ha affermato che, se eletta presidente, “affronterà i proprietari aziendali e limiterà gli aumenti ingiusti degli affitti”.
Come funzionava il limite degli affitti in Argentina approvato nel 2020
In Argentina, la legge nazionale sugli affitti approvata nel 2020 durante il governo di sinistra del presidente Alberto Fernández richiedeva un contratto minimo di tre anni. Gli affitti dovevano essere pagati in pesos, la valuta volatile del Paese, che ha perso circa il 90% del suo valore rispetto al dollaro sul mercato nero durante il mandato di Fernández dal 2019 al 2023. I prezzi degli affitti potevano aumentare ogni anno, ma a un tasso fissato dalla banca centrale, che teneva conto dell’inflazione e dei salari dei lavoratori.
Data la storia dell’Argentina caratterizzata da un’inflazione elevata e volatile, i proprietari hanno adottato misure per proteggersi dall’inflazione che avrebbe rapidamente intaccato gli affitti se fossero stati costretti ad aspettare 12 mesi prima di aumentare i prezzi. Hanno quindi aumentato il prezzo iniziale dei nuovi contratti di affitto, rendendo troppo costoso per molti potenziali inquilini firmare un nuovo contratto. Il risultato è stato che, secondo Zonaprop, l’affitto medio di un appartamento con due camere da letto a Buenos Aires costa 27 volte il prezzo del 2019.
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